giovedì 24 luglio 2014

Ecco cosa dicono di noi i "Mescla"

non so se dalle facce nella foto sta cosa si capisce, ma a monte di procida siamo stati assai bene.. coccolati, sfamati a botte di pizze, alici fritte, primi di pesce e impepata di cozze e pure pagati!
Il pubblico era prevalentemente di persone di un'età nella quale, almeno da noi, non ci si alza più per ballare, ché le gambe sono gonfie, specialmente in estate, e se ne stavano pazientemente, prima e impazientemente poi, sedute nelle sedie di plastica di tutti i colori che mi ricordavano quelle fuori ai bar antonietta a san marco quando ero bambino e mangiavo il camillino.
Prestissimo però, al primo applauso fragoroso, ho iniziato a lasciare la cecità da inizio e cercare gli occhi, decifrando i lievi movimenti delle mani e dei piedi, o le teste che si piegavano cercando l'orecchio della vicina per un commento, e il nuovo piegarsi - questa volta verticale in segno di affermazione - della ricevente, che mi confortava e mi faceva capire che dicevano cose belle, magari di noi, della festa. Del fresco e del blu sopra di noi. Di come è bello stare ancora una volta lì alla festa del quartiere.
Abbiamo raccontato il viaggiare per mare degli altri popoli, quelli che attraverso di lui, ieri come oggi, venivano a depredare, scambiare merci, portar via ragazze, o cercare conforto, asilo e un pasto caldo.
Abbiamo raccontato di cosa parlavano quelle antiche poesie che venivano
dalla Bosnia turca, dalla Turchia, da Smirne, Atene, Durazzo, e chiesto loro di provare a capire le parole dai suoni, che se i suoni le fanno entrare nel corpo, il corpo poi capisce...
Una signora a un certo punto ci ha alluccato se almeno una cosa nostra la facevamo, e allora abbiamo chiamato Ferrante che è salito a salutare popolo e famiglia cantandoci una amuri amuri e na tarantella joggese, ma in un calabrese in fondo non tanto lontano per colori e suoni dalle altre sorelle lingue cantate.
Alla fine, mentre smontavamo, don Vincenzo è salito con l'età dei suoi piedi e la gioventù degli occhi chiari e lucidi, mi ha preso la mano e senza più lasciarla mi dice che aveva capito tutto, tutto quello che avevo cantato, le parole, il senso, e mi dice ancora, sollevando lo sguardo verso un posto lontano oltre il cielo, oltre Ischia, "je agge capit tutt' cos', je navigavo, e quann stev for' e coste d'o Montenegro agge sentut' 'o ramadan!!! Nuje navigavem fine e ll'Albania, 'a Grecia, e avimme sentut parlà a tanta gente, appicciavem 'a radio e sentevem tutte chelli musiche c'avite sunat vuje"...
E' bello suonare a due passi da casa, e vedere come una fila di anziani e anziane venire a mettere una firma, ma pure una X, sotto alla descrizione che hai scritto del tuo concerto, il file pdf che mandi ai festival e organizzatori per cercare di lavorare, quel concerto che si chiama 'na varca 'mmiez' 'o mare', e vuole essere un semplice e umile ringraziamento a chi col suo viaggiare ci ha fatti diventare così ricchi di sapori e profumi.
Scrivevo a Dina poco fa che mi piacerebbe regalarci una serata in inverno, quando il mare è grosso e non è navigabile, in un posto chiuso e circolare, in cui invitare tutte le persone che c'erano, e raccontarci le storie, quelle di chi partiva, e quelle di chi restava a casa a pregare ed aspettare.

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